Perché Louis Vuitton ha fatto bene a scegliere i Cerea per il suo primo ristorante in Italia

I player del lusso collaborano con un solo obiettivo: aggiudicarsi i clienti migliori. I motivi per cui la scelta di marketing di Louis Vuitton a Milano funziona alla grande.

di Annalisa Cavaleri

Le collaborazioni creative sono una delle chiavi del successo sul mercato e i player del lusso se ne accorgono ogni giorno di più. Da alcuni anni i settori della moda, della gioielleria, dell’hôtellerie e delle auto veloci dialogano con l’alta cucina con un solo obiettivo: aggiudicarsi i clienti migliori

Prima fra tutti la moda, che ha capito che, per entrare nella vita del consumatore a 360 gradi, doveva “colonizzare” anche il momento in cui si siede a tavola. Ambienti, luci, tovaglie e posate di design non bastano: anche il piatto e il menu devono comunicare una precisa filosofia.  La moda ha capito fin da subito che avrebbe potuto far vivere al cliente un’experience coerente dal mattino alla sera, andando oltre l’abito o l’accessorio.

I brand Bulgari e Armani sono stati i primi, agli inizi degli anni Duemila, a sperimentare il mondo dell’hôtellerie di lusso e di una tavola “a tema” con la filosofia del brand. Versace e Louis Vuitton li hanno seguiti, creando luoghi dove si respira appieno lo stile del brand. 

Oggi Louis Vuitton è uno dei brand che sta implementando con maggior forza il rapporto con i luxury food e oggi si contano quattro Louis Vuitton Cafè e ristoranti nel mondo.

Louis Vuitton ha iniziato la sua avventura nel mondo della cucina aprendo un caffè e un ristorante nel futuristico store di Osaka, in Giappone, il 1° febbraio 2020. Il futuristico edificio è firmato dagli architetti Jun Aoki and Peter Marino, mentre l’italian touch del “Le Café V” è quello della designer Paola Lenti. Non solo cafè, ma anche ristorante – Sugalabo V – con piatti firmati dallo chef Yosuke Suga, un tempo allievo di Joël Robuchon, chef che ha ottenuto nella sua carriera ben 32 stelle Michelin.

Le Cafè V, il ristorante di Louis Vuitton Osaka – Courtesy of Louis Vuitton

L’unione tra moda e eccellenza culinaria continua con il “Louis Vuitton The Place” a Bangkok, con ristorante firmato dal talento fuori dagli schemi dello chef Gaggan Anand, e con il Café Maxime Frédéric at Louis Vuitton a Parigi.

Il primo ristorante in Italia sarà firmato dalla famiglia Cerea, che è riuscita a creare un impero solido e ben posizionato, nel lusso e non solo. La punta di diamante è il ristorante 3 stelle Michelin “Da Vittorio“, ma sono anni che, ormai, i Cerea ragionano come un vero e proprio brand, esattamente come accade nella moda, nell’automotive, nell’alta gioielleria o nell’hotellerie di lusso. 

Ci sono molte affinità tra i due brand, quello di Louis Vuitton e quello della famiglia Cerea. Nel marketing, si sa, ci si trova tra simili.

Per una strategia di marketing e comunicazione vincente, infatti, quando si crea una “collaborazione” tra brand è importante che i player facciano parte dello stesso gradino della piramide, per non rovinare la credibilità costruita negli anni.

Vediamo perché, Louis Vuitton ha fatto molto bene a scegliere la famiglia Cerea per il primo ristorante in Italia, seguendo la linea guida delle nuove parole chiave dei Luxury Food.

1) Identità, creatività e unicità

Louis Vuitton era un visionario. A 16 anni si recò a Parigi a piedi col sogno di diventare un creatore di bauli. I brand del lusso hanno una caratteristica: si basano su personalità uniche, che, come in una saga, hanno superato incredibili difficoltà, prima di arrivare al successo. Louis Vuitton lavorò per 17 anni instancabilmente prima di aprire il suo laboratorio ad Asnière.

Lo stesso vale per Vittorio Cerea. L’inizio del brand si ha grazie al talento del ristoratore bergamasco Vittorio, che nel 1966, insieme alla moglie Bruna, aprì il suo ristorante nel centro di Bergamo. Per- sonalità forte e anticonvenzionale, Vittorio decise di dare ampio spazio nel menu alla cucina di pesce, oscurata a quei tempi dalla carne. Gli diedero del pazzo. “Il pesce a Bergamo non funzionerà mai, non c’è nemmeno il mare vicino” gli dicevano. Ma lui continuò imperterrito nel suo convincimento: creare il miglior ristorante di pesce in Italia, dove nessuno se lo sarebbe aspettato. Come in una saga, superando le difficoltà, Vittorio ebbe ragione e Bergamo divenne rapidamente una tappa imprescindibile per i gourmand, fino a conquistare il riconoscimento delle tre stelle Michelin nel 2010. 

Il cappuccino di Louis Vuitton. Anche il biscotto e le tazze sono legate per una coerenza di comunicazione totale

2) Storia, tradizione, mito

E’ la forza e il ricordo del fondatore che rende il brand capace di affrontare, senza invecchiare, il corso della storia. Il ricordo di Louis Vuitton, del suo percorso professionale è costantemente richiamato nella comunicazione del brand, a partire dal logo – che rappresenta il suo nome – fino all’organizzazione di eventi, mostre ed experience che ricordano la sua genialità. Ai tempi di Louis Vuitton, infatti, agli inizi del 1800, i mezzi di trasporto erano carrozze trainate da cavalli, le imbarcazioni e treni, su cui i bagagli venivano posizionati con scarsa delicatezza e cura, per usare un eufemismo. Ecco perché i viaggiatori di alto livello, cercavano artigiani per imballare e proteggere i loro oggetti personali. Louis Vuitton riuscì a soddisfare questo bisogno reale – come dovrebbe fare il buon marketing – con il massimo della qualità e dello stile, trasformando le sue valige in forma d’arte. Questa visione, l’ha reso protagonista della storia, facendolo entrare nel mito. Oggi alcune delle persone più importanti del mondo usano le borse Louis Vuitton come “valige quotidiane”, alimentando il fascino del brand, e milioni di persone le imitano.

Anche Vittorio è entrato nella storia, riscendo nel suo convincimento di trasformare il suo ristorante di pesce in uno dei luoghi del gusto migliori del mondo. Nel 1978 insieme al successo arrivò anche la prima stella Michelin, raddoppiata nel 1996. Pochi anni dopo, la crescita continua con il trasferimento nella prestigiosa villa con camere immerse nel verde, e con l’ingresso nei circuiti Relais&Chateaux e Les Grandes Tables du Monde. Quando il padre venne a mancare, la famiglia si strinse ancora di più nel suo ricordo, lavorando per raggiungere il sogno di una vita, in suo onore. Infine, nel 2010 arrivò il riconoscimento massimo: la terza stella Michelin. Vittorio e il suo mito vivono ancora oggi, in puro stile luxury food e la sua epopea dona solide radici a un brand sempre più forte e variegato. La moglie e i figli, alimentano costantemente il ricordo del padre, consacrandolo a mito costante. Basti pensare al “Pacchero alla Vittorio”, il piatto di pasta al pomodoro più famoso del mondo, che non è un “semplice” piatto, ma un ricordo affettuoso del fondatore. Ad ogni Pacchero portato in tavola, la famiglia Cerea riporta alla memoria quel ricordo del padre, condividendo la gioia con i commensali, rendendoli parte della loro stessa famiglia. Ecco perché da “Da Vittorio” ci si sente “a casa”. Ed è così che i brand entrano nella storia e durano a lungo, proteggendo il ricordo del passato e del fondatore che diede inzio a quella storia mitica.

3) Il lusso che rivitalizza il territorio

Quando ingrandì il suo business, Louis Vuitton iniziò a aprire negozi di valigie in distretti in cui era viva l’arte calzaturiera, che era facilmente applicabile ai suoi prodotti, visto che si basa sulla lavorazione del cuoio e dei pellami. In questo modo, Louis Vuitton “salvava” un’arte che stava scomparendo, dando un nuovo volto ai laboratori e alle boutique in chiusura.

La stessa rivitalizzazione del territorio avviene nel campo dell’alta cucina, visto che spesso sono proprio gli chef stellati – come i Cerea – a fornirsi di piccoli produttori locali, il cui prodotto non trova un altro sbocco sul mercato perché – proprio per l’alta componente di lavoro manuale – spesso è troppo costoso per la grande distribuzione.

Il business dei Cerea è, a sua volta, molto radicato nel territorio di origine. Nonostante la famiglia abbia aperto ristoranti e format in tutto il mondo, il punto focale del lusso resta a Bergamo, con il tre stelle Michelin “Da Vittorio”. I Cerea non mancano di estendere la propria influenza – vicino, ancora prima che lontano – consolidando costantemente l’appartenenza alla comunità locale, che si trasforma in ricchezza per il territorio e in posti di lavoro: lo conferma il format Cavour 1880, pasticceria gourmet aperta a Bergamo e ai nuovi ristoranti estivi aperti ti all’interno del Monastero di Astino, sempre a Bergamo.

3) La capacità di capirsi tra simili: la Piramide del lusso dei Cerea

Non secondario, quando si vuole attivare un business di successo è “capirsi al volo“. Poche parole, per non perdere tempo. Basta uno sguardo, come in amore. I Cerea sono degli ottimi imprenditori, con una piramide di brand ben strutturata.

Il modello della piramide della famiglia Cerea – Da Cavaleri A., Luxury Food, FrancoAngeli, 2024.

Al vertice c’è il ristorante “Da Vittorio”, tre stelle Michelin (luxury food), poi si posizionano i Da Vittorio aperti all’estero (lo- cali esclusivi con distribuzione iperselettiva). 

Appena sotto possiamo posizionare la nuova collaborazione specifica con altri settori del lusso come il progetto Da Vittorio X Louis Vuitton (COLLABORAZIONI DI LUSSO).

Si continua con il DaV, formula premium, per scendere fino alle collaborazioni con gli attori della grande distribuzione organizzata, come la consulenza per Elisenda, brand di pasticceria di proprietà di Esselunga (a cui la famiglia dà il know-how, ma non compare con il proprio nome per non creare confusione). La famiglia Cerea è un luxury food brand a tutti gli effetti.

Oltre alla chiara visione imprenditoriale, i Cerea sono un partner affidabile perché controllano personalmente ogni dettaglio dei propri format, e così – con la stessa attenzione – faranno per il punto vendita di Milano di Louis Vuittom. Dalla punta della piramide, fino al mass market, a gestire ogni processo ci sono sempre i componenti della fa- miglia – la mamma Bruna e i fratelli Enrico, Roberto, Francesco, Rossella e Barbara – che riescono a garantire univocità e personalità al brand. Creatività, infatti, non significa mancanza di controllo. La supervisione è costante e non c’è alcuna apertura alla formula franchising per quanto riguarda i propri format, per continuare ad avere salde le redini e per non diluire l’identità del brand. 

Il management di Louis Vuitton, quindi, ha capito che avrebbe avuto un interlocutore preparato, che avrebbe parlato la sua stessa lingua.

4) Non solo creatività, ma sostanza: l’insegnamento del “Pacchero

Ci sono molte derive incontrollate nella cucina che viene comunemente chiamata “fine dining”: accostamenti estremi ma non calibrati (dalla liquirizia sul gambero alla polvere di caffè sugli ingredienti più disparati), spume e arie, disegni sul piatto, fino a tecniche di cottura che provengono da terre lontano. Ma “farlo strano” non vuol dire essere creativi ed efficaci.

I Cerea dimostrano come la semplicità e la tradizione possa essere portata ad altissimi livelli. L’esempio iconico è il “Pacchero alla Vittorio”, di cui abbiamo parlato poco fa. La clientela, sia italiana che internazionale, cerca bontà, chiarezza di senso, comprensibilità e sostanza, criteri di cucina che “Da Vittorio” incarna in ogni suo menu. 

I brand del lusso preferiscono solidità e creatività calibrata, rispetto a una creatività incontrollata e improvvisata, che spesso non nasconde un genio in cucina, ma un fuoco d’artificio.

5) La creazione dell’icona

Tra le similitudini dei due brand, la capacità di creare icone memorabili, durature, che si incastonano in modo chiaro nel ricordo del cliente: la Monogram di Louis Vuitton e il Pacchero alla Vittorio sono, in modi diversi, due icone del lusso.

6) Made in Italy

In ogni Paese in cui apre un Cafè o un ristorante, Louis Vuitton cerca qualcuno che interpreti al meglio lo spirito del luogo e del paese di destinazione. Ancorarsi alla storia dei Cerea, significa attingere, quindi, al loro heritage, coltivato negli anni. La cucina italiana semplice, elegante e contemporanea dei Cerea, sarà un esempio di “Made in Italy” apprezzato sia dagli italiani che dai molti clienti del lusso stranieri, che scelgono Milano per acquistare le borse e gli accessori di moda firmati Louis Vuitton.

L’experince Louis Vuitton a Bangkok. Credit: Karn Tantiwitayapitak

7) Experience 

Non solo cucina, ma experience totale con centralità del logo e immersione in una “bolla magica”: il cliente perde il senso del tempo e si immerge completamente nella storia e nel glamour del brand, nel suo passato mitico e nella sua storia. Come avviene a Bangkok, con una mostra interattiva che “precede” l’experience in caffetteria, ci aspettiamo che lo stesso avvenga a Milano, nel palazzo Palazzetto Taverna Radice Fossati, in Via Montenapoleone 2, edificio storico del 1835 che il brand sta ristrutturando in questi mesi. D’altronde i Cerea stessi sono maestri di experience, come dimostra il Pacchero alla Vittorio. 

Come dice Rossella Cerea: “Papà Vittorio è stato tra i primi ad aver avuto la geniale intuizione di rendere le ricette interattive (come i mitici “Paccheri alla Vittorio”), rivoluzionando il concetto stesso di esperienza gastronomica. Papà Vittorio aveva capito, già negli anni Sessanta, che l’experience era vitale per trasformare il pasto in un momento immersivo in cui il cliente non fosse solo “assaggiatore” di piatti, ma protagonista di un attimo indimenticabile di gioia e convivialità“.

Il Pacchero alla Vittorio, Experience da condividere

La collaborazione Cerea X Louis Vuitton promette, quindi, di massimizzare le tre leve che consentono a un brand di essere forte:

1- coerenza nel tempo e integrità del valore;

2- riconoscimento globale;

3 – costruzione di una solida relazione emotiva con il consumatore con una reiterazione continua del passato glamour dei brand.

Il prezzo eccezionale, fuori dall’ordinario, sarà solo la conseguenza del valore generato, non il punto di partenza. 

Cerea X Louis Vuitton si rivela una scelta azzeccata, dimostrando una strategia di marketing e comunicazione perfettamente coerente e vincente. Una scelta che che non mancherà di dare soddisfazioni. A entrambi i brand.

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