Più immediato fare cucina sostenibile in montagna, tra natura e scenari incontaminati, più difficile in città. Il progetto dello chef tristellato Norbert Niederkofler si consolida e diventa sempre più “green”. A guidare le cucine il giovane chef Alberto Toè, nuova stella e stella verde MICHELIN 2024.
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Più immediato fare cucina sostenibile in montagna, tra natura e scenari incontaminati, più difficile in città. Ma le visioni non devono avere limiti e così, dopo una lunga fase di preparazione, a settembre 2022 ha preso vita Horto nel cuore storico di Milano, che ha conquistato – durante cerimonia Star Revelation Italia, che si è tenuta al Teatro Grande di Brescia – la stella verde MICHELIN.
“La progettazione ha richiesto molto tempo perché cercavo una location che fosse anch’essa da far rinascere e reinventare in chiave di recupero – spiega lo chef tre stelle MICHELIN Norber Niederkofler -. Quando abbiamo visto il The Medelan, palazzo originariamente progettato da Luigi Broggi all’inizio del 1902 e che per anni ha ospitato gli uffici del Credito Italiano, abbiamo capito che era il posto giusto. La riqualificazione dell’intero complesso è stata curata da GLA – Genius Loci Architettura – ricevendo il livello più alto della certificazione Leed per la sostenibilità degli edifici. Non abbiamo lasciato nulla al caso, dal più piccolo dettaglio di design, fino agli ingredienti e al loro modo di essere cucinati. Il mio approccio sostenibile nasce con un obiettivo preciso: trovare un equilibrio con tutto quello che ci circonda. Sono entusiasta di essere parte di questo progetto innovativo che sta crescendo di anno in anno. Ci accorgiamo che il ristorante catalizza una clientela che ha la nostra stessa visione, desiderosa di mettere in pratica nella vita quotidiana comportamenti etici e rispettosi. E, soprattutto, non era scontato riuscire ad applicare la nostra filosofia nel cuore di Milano, puntando su prodotti locali e una filiera corta: essere qui oggi per noi è motivo di orgoglio”.
La ricerca della bellezza da Horto è totale. Lo si capisce fin dal colpo d’occhio sulla cupola della Galleria Vittorio Emanuele, sullo skyline del centro storico che culmina con la Madonnina. Il tatto viene stimolato dalle venature delle sedie di legno, dalla calce mista a riso dei muri (ancora una volta in chiave di recupero), dal magnifico piano dello chef’s table ricavato da un vecchio cedro del Libano che caduto a causa di un temporale. “Ridare nuova vita” è proprio il centro di Horto.
Come dimostrano anche le kombuche, in bella mostra davanti alla cucina, che “trasformano in qualcos’altro” ciò che qualcun altro avrebbe buttato. Gli scarti della zucca, gli aghi di pino, le foglie più coriacee del radicchio diventano, grazie al passare del tempo e al lavoro invisibile degli enzimi, condensati di gusto ricchi di sfumature, che andranno ad arricchire le salse, le carni, le verdure o le bevande.
“La stella verde? Era la più attesa – dice lo chef Alberto Toè -. Sono originario di Conegliano e la mia infanzia è stata nella natura. Spesso mi sgridavano perché portavo in classe ogni tipo di animale e insetto. Ero affascinato dalle foglie, dai fiori, così come nelle radici. Avevo sempre le mani nella terra. Le mie nonne mi hanno intriso di un istinto naturale al riciclo, insegnato un rispetto totale della materie prime: quando cresci così, poi in cucina non puoi fare altrimenti. Lavorare con pochi ingredienti, utilizzandoli senza sprechi, richiede molto più tempo, studio ed energia, ma il risultato dà ancora più soddisfazione perché riesce a coniugare gusto ed etica. E il cibo diventa qualcosa di mentale”.
Da Horto la creatività gira intorno al concetto di “ora etica”. Vengono selezionati piccoli produttori che distano, al massimo, un’ora di strada da Milano. Non troverete, quindi, pesce di mare o ingredienti di altre regioni italiane.
Il pasto può iniziare con la “Cagliata di latte vaccino, carpaccio di varzese e caviale di Storione”, oppure in chiave 100% veg con l’ottimo “Prosciutto e melone?”, un piatto che reinventa il classico dell’estate: il melone viene interpretato con una zucca cotta al forno, accompagnata da petali di barbabietola fermentati a ricordare il prosciutto crudo.
Il signature dish del ristorante sono i “Plin di Strachitunt”, saporito formaggio della Val Taleggio nella bergamasca, impreziosito con lievito e zafferano, per rendere omaggio a Milano.
Chi cerca un maggior tocco creativo può scegliere il “Raviolo di coda di bue, brodo di sedano rapa e prezzemolo”, per continuare con il “Diaframma di manzo marinato al pino, spiedino di topinambur al bbq”, accompagnato da un infuso di topinambur e timo.
Si finisce in dolcezza con un dolce che richiama, in sintonia con la filosofia naturale, un giardino di fiori e foglie: nel piatto troverete foglie di shiso caramellizzate croccanti, fettine sottili di zucca essiccata, polvere di fiori e un gelato al tagete, dalla piacevole sfumatura amara.